Pubblicato il Maggio 10, 2024

La chiave per un coworking di provincia profittevole non è replicare i modelli di Milano, ma diventare un “connettore territoriale” che integra i professionisti con l’economia locale.

  • Sostituisci i prezzi fissi con tariffe flessibili (Residente, South Worker, a consumo) basate sul potere d’acquisto locale.
  • Offri più di una scrivania: crea una community con eventi di networking reale e servizi che combattono l’isolamento e il proximity bias.

Recommandation: Parti da un’analisi dei bisogni del tuo territorio, non dalle tendenze delle grandi città. Offri soluzioni, non solo spazio.

Immagina un immobile sfitto nel centro storico del tuo paese. Anni fa era una bottega, oggi è solo un costo. Ora immagina quello stesso spazio pieno di vita: professionisti al computer, una sala riunioni prenotata da un’azienda locale e, la sera, un aperitivo che mescola i “nuovi arrivati” dello smart working con gli artigiani del posto. Questo non è un sogno, ma il risultato di un modello di business preciso: il coworking di provincia.

La tendenza del “south working” e la diffusione del lavoro da remoto hanno creato un’opportunità senza precedenti per rivitalizzare i piccoli centri. Tuttavia, molti imprenditori commettono un errore fatale: pensare che basti offrire una buona connessione internet e qualche scrivania. Applicare il modello di un coworking metropolitano in un contesto rurale o di provincia è la ricetta per il fallimento. I clienti non cercano una copia sbiadita di ciò che hanno lasciato in città.

E se il successo non dipendesse dall’imitare le grandi capitali, ma dal creare qualcosa di radicalmente diverso, un servizio radicato nel territorio? La vera sfida, e la più grande opportunità, è trasformare il tuo spazio da semplice “affitta-scrivanie” a un hub strategico, un connettore territoriale che genera valore per i professionisti, per le aziende e per l’intera comunità locale. Questo è il segreto per un’attività non solo sostenibile, ma autenticamente profittevole.

Questo articolo non ti darà un business plan generico. Al contrario, affronterà gli 8 errori più comuni e le relative soluzioni strategiche per costruire un coworking che funzioni davvero in un piccolo centro, trasformando una tendenza passeggera in un pilastro dell’economia locale del futuro.

Perché i freelance locali non vengono nel tuo spazio se non offri eventi di networking reali?

Un freelance con partita IVA nel tuo paese ha già un ufficio: casa sua. Offrirgli solo una scrivania più bella non è un incentivo sufficiente per pagare un abbonamento. Il vero valore che puoi offrire è l’accesso a una community professionale curata, un antidoto all’isolamento e un acceleratore di opportunità. I generici “eventi di networking” non funzionano; in un piccolo centro, le persone si conoscono già. Devi creare format specifici che generino collaborazioni concrete.

L’obiettivo non è farli incontrare, ma farli lavorare insieme. Organizza “Aperitivi delle Competenze”, dove un programmatore può incontrare un commercialista che ha bisogno di un nuovo software gestionale, o un grafico può collaborare con un agriturismo per il nuovo menù. Sviluppa programmi di “mentorship inversa”, in cui i giovani nomadi digitali insegnano strumenti avanzati ai professionisti senior del territorio in cambio di contatti e conoscenza del mercato locale. La chiave è diventare il catalizzatore di sinergie che altrimenti non nascerebbero.

Questo approccio trasforma il coworking da costo a investimento. Come conferma l’esperienza di network consolidati, il valore percepito è direttamente proporzionale alla forza della rete che si riesce a creare. Un membro di uno spazio Cowo® ha sottolineato questo aspetto:

Da Cowo riceviamo entusiasmo, formazione, informazioni, supporto concreto per la gestione del nostro coworking. La cosa importante è fare parte di una Rete operativa e concreta a livello nazionale e questo da forza e visibilità.

– Rete Cowo, 17 anni di esperienza nel coworking italiano

Il tuo spazio deve essere percepito come il cuore pulsante dell’innovazione locale, un luogo dove non si va solo per lavorare, ma per crescere professionalmente e trovare nuovi clienti sul territorio.

Come garantire una connessione internet ridondata in zone dove la fibra ottica è instabile?

Nei piccoli centri, la promessa di “fibra ottica” può essere ingannevole. Blackout, lavori stradali o simple instabilità della linea possono trasformare una giornata produttiva in un incubo per i tuoi clienti. Per un professionista che deve partecipare a una riunione video con il CEO della sua azienda a New York, un’interruzione di 30 minuti non è un disagio: è un danno professionale ed economico. La tua reputazione dipende dalla capacità di garantire una connettività a prova di bomba.

La soluzione non è avere una buona connessione, ma averne almeno due. Questo si chiama connettività ridondante. Significa implementare un sistema in cui una linea di backup subentra automaticamente e istantaneamente in caso di guasto della linea principale. Senza questa garanzia, il tuo coworking è semplicemente inaffidabile per un target professionale. È un investimento non negoziabile che diventa il tuo più potente argomento di vendita.

L’implementazione richiede un piccolo investimento iniziale in hardware (un router dual-WAN) e un secondo contratto di connettività. Le opzioni sono diverse, ognuna con i suoi pro e contro in termini di costi e performance, come evidenziato in questa analisi comparativa di soluzioni per la connettività in aree a bassa copertura.

Confronto soluzioni di connettività ridondante per coworking
Soluzione Velocità Affidabilità Costo mensile
Fibra + Starlink 1 Gbps / 200 Mbps 95% €250-400
Fibra + Aggregatore SIM 4G/5G 1 Gbps / 100 Mbps 90% €200-300
Tripla ridondanza completa 1 Gbps / 200 Mbps / 100 Mbps 99.9% €400-600

Questo approccio ti posiziona non come “uno spazio con il Wi-Fi”, ma come l’unica infrastruttura tecnologica del territorio che garantisce continuità operativa assoluta. È questo che un lavoratore da remoto è disposto a pagare.

Vista macro di cavi fibra ottica e apparecchiature di rete in un rack server

Postazioni flessibili o uffici chiusi: cosa cerca davvero chi scappa dallo smart working domestico?

Chi lavora da casa non scappa solo dalla sedia scomoda della cucina. Scappa dalla solitudine, dalle distrazioni familiari e dalla fusione tra vita privata e professionale. Il bisogno primario è la separazione psicologica e il recupero del benessere mentale. Offrire semplicemente una scrivania in un open space rumoroso rischia di replicare, in forma diversa, il caos che cercano di fuggire. I dati confermano questa tendenza: una ricerca evidenzia che quasi la metà dei lavoratori da remoto cerca soluzioni alternative per un motivo preciso. Infatti, il 44% dei lavoratori in smart working ha utilizzato spazi alternativi per migliorare il proprio benessere mentale.

La soluzione ideale non è “o postazioni flessibili o uffici chiusi”, ma un’offerta ibrida e intelligente. L’open space deve essere progettato per la concentrazione, con aree silenziose ben definite e postazioni ampie. Ma sono fondamentali anche piccoli spazi privati: phone booth insonorizzati per le videochiamate, una saletta per la massima concentrazione prenotabile a ore e un ufficio privato per team o professionisti che necessitano di privacy assoluta.

L’ambiente stesso deve contribuire al benessere. Elementi di biofilia, come piante e luce naturale, non sono un vezzo estetico ma un fattore di produttività. Creare un ambiente che stimoli la creatività e favorisca il relax, come suggerito da modelli di lavoro moderni, aiuta a ristabilire quell’equilibrio psico-fisico compromesso dal lavoro domestico. È questo mix di privacy on-demand, socialità controllata e ambiente rigenerante che trasforma il tuo spazio in un luogo desiderabile.

L’errore di copiare i prezzi di Milano in un paese di 20.000 abitanti che spaventa la clientela locale

Uno degli errori più comuni è aprire il listino prezzi di un coworking di Milano e applicare un piccolo sconto. Un abbonamento mensile da 250€ può sembrare ragionevole in una grande città, ma in un paese dove con 400€ si affitta un bilocale, è una barriera insormontabile. Il benchmark nazionale non è il tuo riferimento. A livello italiano, il prezzo medio di una postazione di lavoro in Italia è di circa 200 euro al mese, ma questo dato è fortemente influenzato dalle metropoli e non riflette il potere d’acquisto di una comunità di provincia.

La strategia corretta è un pricing di comunità, segmentato e flessibile. Devi creare offerte diverse per target diversi. Un “south worker” il cui abbonamento è pagato dall’azienda di Milano ha una capacità di spesa diversa da un freelance locale che paga di tasca propria. Una tariffa “Residente” agevolata può attrarre i professionisti del posto, mentre una tariffa “Corporate” può essere venduta a pacchetti alle aziende che hanno dipendenti sul territorio.

Inoltre, l’abbonamento mensile non deve essere l’unica opzione. Un modello “Pay-per-Focus” con carnet a ore o a ingressi è perfetto per chi ha solo bisogno di fuggire da casa un paio di volte a settimana per concentrarsi. Questo abbassa drasticamente la barriera d’ingresso e permette ai potenziali clienti di provare il servizio senza un impegno economico oneroso. Il prezzo deve essere percepito come giusto per il valore offerto all’interno del contesto economico locale.

Piano d’azione: audit del pricing per il tuo coworking di provincia

  1. Punti di contatto: Mappa le aziende locali (commercialisti, avvocati) e le associazioni (Pro Loco, artigiani) che potrebbero avere bisogno di spazi flessibili o sale riunioni.
  2. Collezione: Rileva i costi degli affitti per piccoli uffici o monolocali in zona. Questo è il tuo vero competitor, non il coworking di Milano.
  3. Coerenza: Confronta i prezzi ipotizzati con il potere d’acquisto locale. Un abbonamento mensile non può superare il costo di un affitto di un piccolo locale.
  4. Memorabilità/emozione: Sonda i freelance locali: cosa manca loro davvero? Silenzio, socialità, o una sala riunioni professionale? Il prezzo deve riflettere questo valore, non solo i mq.
  5. Piano d’integrazione: Definisci almeno 3 fasce di prezzo (es. Residente, South Worker, Corporate) e un’offerta a consumo (carnet a ore) per abbattere la barriera d’ingresso.

Quando inaugurare lo spazio per catturare i professionisti al rientro dalle ferie o dopo le feste?

Aprire un’attività commerciale segue spesso il calendario tradizionale: primavera o prima di Natale. Per un coworking di provincia, questa logica è sbagliata. I tuoi clienti target non sono i passanti attirati dalla vetrina, ma professionisti che pianificano la loro routine lavorativa. I momenti chiave dell’anno per loro sono due: settembre e gennaio. Sono i periodi dei “buoni propositi”, in cui si decide di abbandonare le cattive abitudini lavorative maturate a casa e cercare una soluzione più strutturata.

Il mercato del coworking in Italia è in piena espansione, ma la competizione si gioca sulla strategia, non solo sulla presenza. Sfruttare la stagionalità psicologica del mondo del lavoro è un vantaggio competitivo enorme. Lanciare lo spazio a giugno, quando tutti pensano alle vacanze, o a novembre, in pieno rush di fine anno, significa partire con il piede sbagliato.

Una strategia di lancio efficace prevede una doppia inaugurazione. Un “Soft Opening” a inizio settembre, magari con tariffe promozionali, per testare i servizi, raccogliere feedback e creare un primo nucleo di utenti. Questo ti permette di arrivare rodato al “Grand Opening” ufficiale di fine gennaio, il momento in cui la domanda di nuovi spazi lavorativi raggiunge il suo picco annuale. Coordinare l’inaugurazione ufficiale con eventi locali, come sagre o festival, può amplificare la visibilità, posizionando da subito lo spazio come un attore integrato nella vita del paese, un approccio facilitato anche dal supporto che spesso le amministrazioni comunali offrono a nuove imprese gestite da giovani o donne.

Perché il “Turismo delle Radici” porta il 30% di presenze in più rispetto al turismo classico?

Il “turista delle radici” non è un visitatore qualsiasi. È un italo-discendente che torna nel paese d’origine dei suoi antenati. Non cerca solo il Colosseo o la Torre di Pisa; cerca una connessione emotiva, un pezzo della sua storia personale. Questo legame profondo si traduce in soggiorni più lunghi, una spesa media più alta e un interesse genuino per la vita locale, non solo per le attrazioni turistiche. Il potenziale è immenso: secondo una ricerca Confcommercio, sono circa 80 milioni gli oriundi e i discendenti italiani nel mondo.

A differenza del turista tradizionale che resta pochi giorni, il viaggiatore delle radici può fermarsi per settimane o mesi, specialmente se ha la possibilità di continuare a lavorare da remoto. Qui il tuo coworking smette di essere un’opzione e diventa un servizio essenziale. È l’infrastruttura che permette di trasformare una breve visita in un soggiorno prolungato e produttivo. Senza uno spazio professionale dove lavorare, molti di questi professionisti sarebbero costretti a ripartire prima.

Questo fenomeno è così rilevante da essere al centro di iniziative nazionali, come il “2024 – Anno delle Radici Italiane”, supportato da fondi del PNRR per incentivare l’accoglienza in oltre 800 piccoli comuni. Offrire un coworking significa intercettare un flusso turistico ad altissimo valore, composto da persone che vogliono vivere il territorio, non solo visitarlo. Diventi il partner strategico del sistema turistico locale, collaborando con B&B, ristoranti e guide per creare pacchetti “Work & Discover” dedicati a questo specifico e redditizio segmento di mercato.

L’errore di dimenticarsi dei dipendenti remoti per le promozioni favorendo chi è sempre in ufficio (proximity bias)

Un manager a Milano vede ogni giorno i collaboratori presenti in ufficio. Quando arriva il momento di una promozione, è inconsciamente portato a favorirli rispetto a un collega altrettanto bravo ma che lavora da un piccolo paese del Sud. Questo fenomeno si chiama proximity bias (pregiudizio di vicinanza) ed è uno dei maggiori problemi delle aziende con team ibridi. Il tuo coworking di provincia può essere la soluzione a questo problema, posizionandoti come un partner strategico per i dipartimenti HR delle grandi imprese.

Il numero di persone coinvolte è enorme. Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, il 53% del personale delle grandi imprese lavora da remoto. Per queste aziende, garantire equità e inclusione non è solo una questione etica, ma una necessità per trattenere i talenti. Il tuo spazio può offrire un “Pacchetto Equità e Inclusione”, un servizio B2B che va oltre la semplice postazione.

Questo pacchetto può includere report trimestrali all’HR sull’integrazione del dipendente, l’organizzazione di eventi “fidigitali” (fisico + digitale) per collegarlo con i colleghi in sede e la gestione di benefit locali (convenzioni con palestre, ristoranti) per replicare sul territorio i vantaggi offerti in azienda. Puoi persino creare piccoli spazi brandizzati all’interno del coworking, dove le aziende possono mantenere visibile la loro cultura aziendale. In questo modo, non vendi più una scrivania a un singolo professionista, ma una soluzione di welfare e management aziendale a un’intera corporate, con contratti annuali e un valore percepito molto più alto.

Da ricordare

  • Il successo non sta nell’imitare i modelli delle grandi città, ma nel diventare un “connettore territoriale” radicato nella realtà locale.
  • Abbandona i listini prezzi metropolitani. Adotta un “pricing di comunità” flessibile e segmentato per essere accessibile e profittevole.
  • Il tuo vero prodotto non è una scrivania, ma una community curata, benessere psicofisico e soluzioni strategiche per i problemi del lavoro ibrido come il proximity bias.

Come mantenere produttivo e unito un team che lavora metà in ufficio e metà da casa?

Il futuro del lavoro non è una scelta binaria tra ufficio e casa, ma un equilibrio dinamico. Il modello ibrido è qui per restare, e con esso la sfida di mantenere i team coesi e produttivi. Le proiezioni indicano una crescita costante: si stima che il numero di smart worker in Italia continuerà ad aumentare nei prossimi anni. Questa non è una tendenza temporanea, ma un cambiamento strutturale del mercato del lavoro.

In questo scenario, il coworking di provincia assume un ruolo che trascende la semplice fornitura di spazio. Diventa un’infrastruttura sociale e professionale fondamentale, il “terzo luogo” che media tra l’azienda e l’abitazione. È il luogo che permette a un dipendente di un’azienda di Torino di vivere nel suo paese natale in Sicilia senza perdere produttività e senza sentirsi escluso dalla vita aziendale.

La tua missione come imprenditore è quindi quella di costruire uno spazio che non risponda solo ai bisogni di oggi, ma che anticipi quelli di domani. Uno spazio che sia tecnologicamente impeccabile, umanamente accogliente e strategicamente integrato con il tessuto economico e sociale del territorio. Non stai aprendo un ufficio, stai costruendo un pezzo del futuro del tuo paese. Il valore che crei non è solo economico per te, ma sociale per l’intera comunità.

Il passo successivo è trasformare questa visione in un piano operativo. Inizia oggi stesso a mappare le esigenze, le risorse e gli attori chiave del tuo territorio per costruire un’offerta che sia unica, rilevante e veramente profittevole.

Scritto da Marco Valli, Consulente per la trasformazione digitale delle PMI e del Retail fisico. Esperto in GDPR, digitalizzazione dei processi amministrativi e integrazione tra negozio fisico ed e-commerce.